Mondo caffè

La pianta del caffè

La zona d’origine della pianta del caffè è la regione di Caffa in Etiopia. Alcuni ritengono che il nome derivi proprio da quest’area geografica, altri invece sostengono che l’origine semantica sia la parola araba “qahwa”, che significa vino. Oggi il maggiore produttore di caffè è il Brasile. Appartenente alla famiglia delle Rubiacee, genere Coffea, racchiude circa 90 specie. Le più importanti per l’economia umana sono tre: Coffea Arabica, Coffea Canephora (detta anche Coffea Robusta) e Coffea Liberica che però è poco utilizzata. Pianta sempreverde, cresce nei paesi fra il Tropico del Cancro e quello del Capricorno. Le piante di caffè possono crescere fino a 10 metri, ma per facilitarne la raccolta vengono potate ad un’altezza di circa due metri. I fiori piccoli e bianchi, sono raggruppati a grappoli ed emanano un intenso profumo vicino a quello del gelsomino. Il frutto, la drupa, simile ad una ciliegia, contiene due semi o “chicchi di caffè”.

Dal fiore al chicco

La raccolta del caffè avviene nei paesi più industrializzati mediante appositi macchinari, mentre negli altri paesi viene effettuata manualmente, risulta così più difficile e lenta. A tal proposito distinguiamo due tecniche: il metodo “picking” che consiste nel raccogliere solo le ciliegie mature una per una; ed il metodo “stripping” con il quale i frutti vengono strappati in modo indifferenziato, anche se ancora non completamente maturi e vengono separati successivamente. La lavorazione della ciliegia di caffè può seguire due procedimenti: il processo del “caffè lavato”, con cui i frutti vengono spolpati meccanicamente attraverso un processo ad acqua e lasciati fermentare in specifiche vasche, successivamente i semi vengono fatti essiccare ed estratti dalla membrana che li avvolge; quello del “caffè naturale” i frutti vengono essiccati direttamente al sole, per essere poi decorticati con apposite macchine quando buccia, polpa e semi sono completamente asciutti. Si ottengono così i chicchi di caffè verde che vengono successivamente classificati in base a difetti, forma e dimensioni.

Arabica e Robusta: due specie per tante miscele

La Coffea Arabica con le sue numerose varietà (Bourbon, Catui, Caturra, Catimorra, Mundonovo, ecc.) rappresenta oggi circa il 60% della produzione mondiale di caffè. I chicchi di caffè sono di forma ovoidale allungata, di colore verde-azzurro e presentano un solco poco pronunciato e sinuoso. I chicchi scelti di questa specie producono un caffè dolce e profumato, con gradevole acidità, un aroma raffinato, elegante e un retrogusto di caramello. Il nome Coffea Robusta deriva dall’innata resistenza ai parassiti e alle malattie mostrata dalla varietà più coltivata della Coffea Canephora, è per questo che riesce a svilupparsi in ambienti più ostili, come la foresta pluviale equatoriale. I chicchi di caffè , di colore verde-giallo sono di forma tondeggiante con un solco maggiormente pronunciato e più lineare, rispetto ai chicchi di arabica. Con questa qualità si ottiene un caffè corposo, con acidità bassa o assente, aromi di tostato e cioccolato con un retrogusto persistenze.

Tostatura e miscelazione del caffè

Attraverso la torrefazione i chicchi di caffè crudo, sottoposti all’azione del calore, subiscono rilevanti cambiamenti nel colore, nel peso e nel volume ed acquistano ricchezza aromatica. La stessa qualità di caffè può originare caratteristiche organolettiche diverse a seconda dei modi, dei tempi e del grado di tostatura. Con la temperatura, infatti, non varia solo la quantità di aromi, ma anche il rapporto tra gusto amaro e gusto acido. Realizzare una miscela di caffè è una vera e propria arte che richiede sensibilità ed esperienza: ogni torrefattore ha, infatti, delle ricette segrete che rendono unico e riconoscibile il proprio caffè.
Questa operazione in cui le singole qualità sono miscelate nelle dovute proporzione, ha principalmente due scopi:
– esaltare la qualità del caffè in tazza in quanto unisce le caratteristiche migliori delle diverse origini;
– consentire al torrefattore di caffè di dare sempre un prodotto di uguale valore organolettico.